Eurovisione è una festa condivisa, una delle poche occasioni in cui più de quaranta paesi si riuniscono per godere della musica in uno spettacolo gigantesco. Non c’è nulla paragonabile. Tuttavia, questo festival è così amato e odiato allo stesso tempo. Pochi ammettono che lo seguono per paura di essere visti come dei freak. Per molti, considerato come un festival démodé, eccentrico, grottesco e costoso. In paesi come la Spagna, la Francia o il Portogallo nessuno lo guarda, però tutti ci parlano. Un vero e proprio paradosso. Sì, Eurovisione è “in se” un paradosso.
Quest’anno il festival è stato, si possibile, ancora più paradossale. Ha vinto il partecipante più scettico, il ragazzo che non amava Eurovisione, chi voleva passare inosservato nel bosco della folla incontrollabile, chi voleva solo cantare una bella canzone. Insolito, strano, improbabile... ma vero.
Tutti gli anni, i diversi paesi partecipanti cercano la formula magica per vincere la gara. Bisogna una scenografia appariscente, degli effetti speciali, qualcosa mai vista che possa sorprendere gli spettatori. Bisogna piovere sul palco. Bisogna degli abbigliamenti brillanti. Bisogna cantare in inglese affinché tutti capiscano le parole. Bisogna scegliere uno stile internazionale. Bisogna un ritornello orecchiabile. Bisogna ballare e fare delle acrobazie. Bisogna volare. Bisogna gridare. Bisogna questo, bisogna quello. Ma, questa volta, il vincitore ha provato che il meno è più. Per vincere l’Eurovisione 2017 bisogna rinunciare agli ornamenti pacchiani e tornare all’essenziale, senza fuochi d’artificio.
Ebbene, la semplicità è stata la chiave della sua vittoria? Davvero gli europei amano la semplicità e mancano della musica senza additivi? E la proposta di Salvador Sobral era veramente senza additivi? Nella era delle Internettologi, nulla è senza additivi. Oltre la voce e la musica semplice proposta per il partecipante portoghese, ci sono vari ingredienti che hanno giocato un ruolo decisivo nella scelta della giuria e degli spettatori. La storia stessa dell’artista portoghese (malgrado la discrezione dell’artista, la sua storia è stata diffusa per i media internazionali), la sua immagine fragile, commovente e tenera, il suo sguardo dolce e affetuoso, la sua presenza sul palco come un vetro sul punto di rompersi. In Eurovisione non ci sono delle audizioni alla cieca, l’immagine ha molto da dire.
La giuria e anche gli eurofan erano stanchi della stessa critica: “l’Eurovisione è una gara dove la musica è diventata una cosa insignificante, dove c’è tutto meno la musica. È solamente uno spettacolo quasi circense e spauracchio, un delirio tecnologico e troppo globalizzato. Le grandi e belle voci non vincano mai.” Allora, la giuria e gli eurofan hanno deciso di provare che i critici si sbagliavano. D’ora in poi nessuno potrà dire che la musica non sia la regina assoluta dell’Eurovisione. Ci sarà sempre l’edizione di 2017 per provarlo. Ma, non sarà questa l'eccezione che conferma la regola?
Inoltre, il arrivo tardivo dell’artista a Kiev, la sua non presenzia nelle Eurovision pre-partys, la mancanza di un videoclip del brano,... Tutto questo ha fatto che ci fosse un’aureola di mistero intorno a lui. Gli altri partecipanti erano già troppo conosciuti, tutti parlavano della Svezia, dell’Italia, del Belgio, della Bulgaria,... E poi, una certa stravaganza, un carattere un po’ ribelle, un po’ controcorrente, un po’ rivendicativo hanno aiutato a costruire il mito.
È alquanto ironico che una persona che preferisce l’intimità di un piccolo palco e che non cerca diventare il centro di attenzione sia stata incoronata nel più grandi spettacolo musicale europeo. Salvador pensa che la sua vita non cambie, ma si sbaglia. Il Portogallo non è la Svezia, non è abituato a questo premio. Salvador è diventato eroe nazionale, una star che ha messo la canzone portoghese nell’Olimpo europeo. La sua vita, il suo percorso personale e professionale, le gesta che ha compiuto sono già diventati materiali per ore e ore di emissioni televisive e per molte pagine dei giornali. La folla che prima ignorava l’esistenza di Salvador, riempirà le piazze, le arene, gli stadio. Salvador ha salvato la musica portoghese e questa gesta avrà per lui delle conseguenze.
Salvador Sobral rivendica la sua visione della musica: la musica non è dei fuochi d’artificio, è delle emozioni. Lui è contra la “fast music”, la musica in serie che si consuma in fretta. La stessa cosa succede con la letteratura, per esempio. Gli intellettuali odiano gli scrittori di best-sellers. Ma, cos’è veramente la musica? C’è una definizione esatta? La musica è troppo complessa per una definizione. La musica è plurale, è infinita. Non si può dire che la canzone “Amar pelos dois” sia l’unica autentica musica sul palco dell’Eurovisione 2017 e che gli altri siano solo dei fuochi d’artificio e che non trasmettono delle vere emozioni. Le emozioni sono tantissime: della gioia alla tristezza c'è tutta una gamma di sentimenti e di stati d’animo. Penso che ci siano delle canzioni per ogni momento della vita: canzoni che celebrano la vita, canzoni che parlano dell’amore, della solitudine, della pace ou della guerra, canzioni che racontano una storia, canzoni che criticano la società, canzoni di giuventù, canzoni per ridere et canzoni per piangere.
Pretendere conoscere cos’è la musica con maiuscole è troppo pretenzioso. Musica è solamente quella classica? Musica vera e pura è solamente quella apprezzata per un piccolo gruppo di pochi intenditori? La musica vera e pura è un tesoro che pochi ritrovano? Una musica le cui parole non dicono mica non è musica? Forse la musica commerciale e de massa non è musica? Forse la musica di successo oggi non è musica? Il fatto di essere un record di vendita, di riempire degli stadi, di ricevere dei dischi di platino o di avere milioni di visite sul Youtube è inversamente proporzionale a la qualità musicale? Si fosse così, la musica di Salvador cesserà di essere musica, perché d’ora in avanti lui diventerà anche un prodotto musicale di massa, al meno durante qualche mesi.
Quest’anno a Kiev si celebriamo la diversità: diversità di razze, diversità di sessualità e dell'identità di genere, diversità di credo e di religioni, diversità di culture, diversità di origini, diversità di pensieri, diversità di sentimenti,... tante diversità. Ma anche la diversità della musica e dei gusti musicali. Il respetto per la diversità di musica e di modi per fare musica è importante e deve essere sottolineato. Questa diversità è stata evidenziata sul palco a Kiev. Musiche diversi per diverse emozioni, questo me sembra essenziale. Salvador Sobral dovrebbero aver sottolineato e festeggiato questa diversità di gusti e di stili musicale invece di fare una critica contra la musica bisognosa di fuochi d’artificio.
La musica è in costante evoluzione, in costante sviluppo, con mode di andirivieni. I media hanno trasformato la musica (e il mercato musicale). Forse, i gusti musicali si contagiano velocemente via le reti sociali, in modo che in Finlandia e in Brasile si ascoltino chissà le stesse canzoni distribuite per la potente industria musicale. Il successo di una canzone o di un’artista si gioca anche via Twitter, FB, Spotify e Youtube. Molti artisti hanno passato di caricare il suo primo video sul Youtube a far parte della playlist di milioni di fan, per esempio Pablo Alborán in Spagna. Questo successo può essere effimero o no.
Credo che la canzone italiana “Occidentali’s Karma” sia il migliore ritratto di quello che è successo a Kiev: l’incoerenza e il “comportamento primati” della nostra società. Gli eurofan hanno scelto “Amar pelos dois” come la più bella e più profonda canzone mai ascoltata. Ma, sicuramente, questi stessi eurofan continueranno à consumare la cosiddetta “fast music”, a fare LIKE sul video di Shakira ed Enrique Iglesias, a scaricare Despacito sul cellurare,... Le persone dicono non ascoltare mai la musica commerciale, ma questa musica fattura e continuerà a fatturare miliardi di dollari. Quindi, chi la consuma?
Gli uomini cercano la pace nello yoga e nella meditazione, ma diventano impazienti alla coda del supermercato o sull’autostrada. La pace deve essere in ogni momento della giornata, in ogni attività che facciano, non solamente nella ora della lezione di yoga. Gli uomini fanno LIKE sul video di Me enamoré (Shakira) ma dimeticano di dire “ti amo” alle sue persone care. Gli uomini vanno in tribu ai posti più turistici e ripetono gli stessi gesti e rituali: la moneta alla Fontana de Trevi, la mano alla Bocca della Verità, le catene nelle ponti di Parigi, e poi caricano le foto sul Instagram. Condividono dei momenti a distanza con centinaia di amici, ma veramente non sanno nulla sulla maggioranza di questi amici virtuali. Tantissime incoerenze!
Et poi, come la scimmia, gli uomini si comportano in mandria. Monkey sees, monkey does. Per esempio, sulle reti sociali, tutto comincia con un LIKE et poi tutti a “likeare”. Dopo, qualcosa diventa trending topic o virale, tutti ci parlano, tutti lo pubblicano, tutti lo condividano. Come il selfie o il mannequin challenge, si qualcosa è di moda, tutti lo fanno. Quest’anno ad Eurovisione è diventato di moda salvare la vera e purissima musica, la musica senza additivi. Ma, veramente, hanno tutti capito cosa significa musica senza artifici? Gli spettatori hanno deciso di punire tutto ornamento e di ricompensare la cosiddetta purezza e profondità della musica. Loro vorrebbero provare che gli eurofan avevano un gusto musicale raffinato. E come tutto a Eurovisione, l’hanno fatto in massa, in tribù. L’anno prossimo ci sarà un’altra moda, chissà una canzone protesta, chissà un ballo tribale, chissà una performance tradizionale, chissà un efetto speciale mai visto, chissà un canto alla libertà,... nessuno può anticiparlo.
La scimmia che balla potrebbero bene aver vinto a Kiev. Ma lei è stata vittima del suo proprio successo troppo presto, perdendo l’effetto sorpresa e l’aureola di mistero. Mi sarebbe piaciuto che Francesco Gabbani avesse vinto, perché Eurovisione è una festa e tutta festa dovrebbe finire con gioia, con voglia di ballare fino al mattino. Purtroppo, la festa quest’anno è finita con malinconia.
Il brano di Francesco aiuta a portare, dove c’è tristezza, gioia. La voglia di ballare è la prima sensazione che sentiamo quando l’ascoltiamo. Balliamo senza fare attenzione alle parole, balliamo perché siamo contenti. Poi, alcuni faranno attenzione alle le parole e l’analizzeranno. Ci troveranno un messaggio, una critica, un’ironia. Inoltre, le parole della sua canzone illustrano bene la nostra società incoerente e troppo dipendente della tecnologia.
So che per Gabbani, favorito da sempre per vincere la gara, il risultato è stato una specie di disillusione, per lui e per l’Italia. Ma vince l’Eurovisione non è sinonimo di maggiore talento o di trionfo nella musica. Grandissimi cantanti non hanno vinto Eurovisione, un esempio: Il Volo, ma, invece, hanno fatto una carriera musicale meravigliosa. E, ci sono vincitori dell’Eurovisione che sono oggi dimenticati del tutto. Non c’è una formula per il successo. E tutto ciò che rimane è lottare per i nostri sogni ed essere felice in ogni cosa che facciamo.
Finisco queste riflessioni con un applauso a tutti gli artisti che hanno fatto apparizione sul palco a Kiev. Grazie per lo show, per l’impegno, per le emozioni trasmesse e per farci dimenticare i nostri problemi per le tre ore di spettacolo. In un’Europa dove il cosiddetto -EXIT rischia di essere di moda, la musica ci ha riuniti, poiché la musica è un linguaggio universale che non ha bisogno di traduzione.
Come diceva Ernest Hemingway, “si tu non mi ami, non importa, sono in grado di amare per tutti e due”. (If you don’t love me, it doesn’t matter, anyway I can love the both of us”). Oggi questa citazione è più che mai di attualità.
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